Corigliano, Consiglio comunale allo sbando |
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giovedì 17 agosto 2017 14:56 |
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Alla fine di un consiglio comunale, che ha viaggiato tra il dramma e la farsa, sono emerse alcune questioni in maniera più che evidente. In primo luogo appare evidente come, negli ultimi due anni, fin dall’approvazione dell’atto d’impulso, il consiglio comunale coriglianese non abbia svolto alcun ruolo nella discussione riguardante la fusione. Ha abdicato al suo ruolo di guida e di governance che avrebbe dovuto esercitare per poter traghettare la città verso l’eventuale processo di fusione. E lo ha fatto perché ha sottovalutato la portata di ciò che stava decidendo (o forse subendo). Questo ha provocato da un lato la frammentazione della maggioranza che, ad oggi, è chiaro non esista più, dall’altro ha ingabbiato la discussione in una ristretta cerchia di persone che non hanno potuto o voluto adempiere alla precondizione necessaria alla fusione stessa: il coinvolgimento capillare della cittadinanza. Poche decine di persone hanno partecipato, come pubblico, all’ultime assise comunale e, ancora meno, erano i coriglianesi presenti. Preoccupante è poi, proprio per la pericolosa deriva elitaria del processo, la prevalenza della classe imprenditoriale, soprattutto rossanese, tra gli interessati. Ed è preoccupante perché in ballo c’è la possibilità che si determino appalti legati al processo di conurbazione di una zona agricola importante. Non può essere l’interesse privato a determinare l’azione del pubblico. Totalmente assente la gente comune, il cittadino che subirà pregi e disagi dell’eventuale fusione. E questo è un problema sottovalutato da molti: dov’è quella percezione che si dovrebbe avere della fusione come di un qualcosa di già, nei fatti, avvenuto? Dov’è la convinzione d’appartenere ad una sola comunità già costituita? Le colpe principali possono addossarsi all’Amministrazione che non ha creato le condizioni opportune ma, questo, non risolve il problema evidente. Ad aggravare il tutto contribuisce poi la confusione normativa: per mesi abbiamo sentito parlare di “legge per la fusione approvata” ma poi si evince che la legge (la 182) è ancora ferma in commissione. E qui dovrebbe sorgere la prima domanda: cosa accade se a settembre dovesse – vista la sentenza della Corte Costituzionale – decadere il consigliere proponente? Decade anche la proposta? Si terrà un referendum che potrebbe non avere poi una legge d’applicare? Altra questione importante: c’è una proposta dei consiglieri Greco e Sergio per la stesura di una legge quadro regionale: se verrà approvata cosa cambia rispetto alla situazione vigente e che conseguenze avrà sul processo in atto? E poi le questioni legate al quorum: la richiesta di ripristinare solo per il caso Corigliano-Rossano il quorum è, francamente, ridicola. Come si può pensare che – in presenza di una legge che abolisce il quorum – si possa fare un’eccezione per Corigliano? O si ha il coraggio di ritirare l’atto d’impulso spiegando che è mutato il quadro normativo ovvero ci si attiene alla legge. Altre strade non ci sono. Poi vi è la questione del “bacino d’utenza” che è lasciata nel mezzo di interpretazioni che non superano, appunto, l’opinione personale dei singoli soggetti: al momento esiste solo un articolo contenuto nella legge N°43 del 27 dicembre del 2016 (legge che parla di tutto ed il contrario di tutto, quindi siamo di fronte ad un provvedimento inserito quasi alla chetichella) che cancella la dicitura “bacini d’utenza” ( in pratica vorrebbe che venisse considerato il risultato referendario comune per comune e non sul totale della popolazione). Però il caso di Casali del Manco (dove è stato il consiglio regionale ad imporre il Si anche al comune dove aveva vinto il No) fa pensare che questo possa avvenire anche nelle nostre città. Quindi qual è la verità? Qual è il parere che conta? In questa situazione è inimmaginabile che, un minuto dopo l’esito referendario, non si scateni il caos ed gli eventuali ricorsi al TAR. E’ chiaro che abolire una parte di una legge (quella dell’83) senza aggiungere o chiarire nulla non vuol dire necessariamente che l’interpretazione sia quella desiderata. E, quest’interpretazione, non può far fede alla parola, di chicchessia. In queste ore, abbiamo letto articoli che ipotizzavano questioni ben più importanti della fusione e che riguardano un bacino d’utenza ben più superiore rispetto a quello delle due città. Si ipotizzava che opere fondamentali come la SS106 o l’ospedale della Sibaritide potessero venir meno se non si dovesse realizzare la fusione…Queste affermazioni sono di una gravità inaudita. Come si può pensare che opere che interessano almeno 250 mila persone possano diventare “proprietà” di una ristretta parte di cittadini? E lo stesso vale per gli uffici sul territorio: pur essendo allocati nella città di Rossano non possono essere al solo appannaggio di quest’ultima ma sono patrimonio di una comunità ben più ampia. Quello che emerge, alla fine, è l’assenza di un progetto politico compiuto, di una prospettiva complessiva. Non si è semplicemente detto cosa facciamo il giorno dopo la fusione. E non è poca cosa… La fusione, che nel frattempo ha visto la cancellazione del vantaggio amministrativo più importante, la deroga al patto di stabilità, avrà dei consti non ancora quantificati e che, con ogni probabilità, non saranno coperti dai trasferimenti governativi. Prima di affrontare un processo così complesso non sarebbe opportuno levarsi la benda dagli occhi? Al tempo stesso non sarebbe opportuno che tutti i rappresentanti istituzionali che oggi lanciano il grido d’allarme sulle condizioni drammatiche della nostra Terra e che, nel corso degli anni, hanno gestito la governance che ha determinato la stessa, si determinassero affinché ci sia un cambio dell’agenda politica nazionale che rimetta il Sud al centro? Perché il dramma vero è proprio l’abbandono dell’intero Mezzogiorno da parte della politica nazionale. Siamo un serbatoio di voti, spesso legati a clientele e malaffare, dove non si riesce ad avviare un ricambio politico e generazionale e dove diventa impossibile distinguere i ruoli d’opposizione e maggioranza, ma che poi viene lasciato andare alla deriva. Ci sono passerelle, ci sono proposte che viaggiano sempre sul crinale dell’emergenza (si pensi alle ZES), ma manca un piano complessivo ed a lunga scadenza che vada oltre la creazioni di nuove clientele e nuovi favori per i vecchi potenti…Vogliamo cambiare la nostra Terra? Si parta da qui…poi verrà tutto il resto. Nel frattempo l’Amministrazione coriglianese si assuma le sue responsabilità chiedendo il chiarimento sui bacini d’utenza e, dopo, faccia propria la responsabilità sull’atto d’impulso: se ritiene che sia stato un errore, alla luce delle modifiche e della propria “leggerezza”, lo ritiri altrimenti lo guidi assumendosene la responsabilità politica. Naturalmente – viste le scene consiliari con tanto di liti ed insulti tra le file della maggioranza – ci si dovrebbe aspettare le dimissioni del Sindaco. Ma questa è situazione che riguarda la maggioranza (ex?). Al contrario è curioso come la compagine di minoranza, ed in particolare il PD, non abbia immediatamente proposto una mozione di sfiducia? Ma è evidente che si ha difficoltà nel comprendere il proprio ruolo d’opposizione.
Alberto Laise, assemblea nazionale Sinistra Italiana
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COMUNICATO STAMPA
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